Tanto tempo

L’ultima volta che ho scritto su questo spazio è stato il 27 agosto scorso, quasi 8 mesi fa.

Nel frattempo sono successe tante cose, la mia azienda che si afferma in un mercato difficile, molti riconoscimenti professionali e personali sono arrivati. Qualcuno ha lasciato la mia vita, in un modo che ha fatto male, ma chi sono io per contrastare queste decisioni? A volte si commettono degli errori di valutazione e tendo a sopravvalutare alcune persone.

La mia vita è un cambiamento continuo in questo periodo, cerco di mantenermi in forma fisicamente e sto iniziando a dominare il mio carattere, cosa non da poco tra l’altro.

Mi sono trasferito in una casa con il giardino e ho scoperto che la cura dello stesso mi da grandi soddisfazioni e aiuta a riordinare i pensieri.

Ho voluto appuntare questo momento di consapevolezza. Tornerò a scrivere prima o poi.

L’isola felice

Oggi in ufficio mi è stato rammentato il patto di creare e mantenere l’isola felice. L’isola felice è un luogo dove, qualunque cosa accada al di fuori, la serenità e la tranquillità vengono preservate.

Per tutta una serie di ragioni questo luogo è nato spontaneamente, senza troppe pretese, alimentato dal rispetto e dalla stima reciproca, dalla condivisione di un ideale congiunto, di un obiettivo importante e condiviso.

Ebbene ogni tanto la stanchezza, la fatica, e la fatica fanno entrare qualcosa che intacca l’atmosfera dell’isola felice. Di solito è colpa mia.

Oggi
ho ricevuto
una lezione magistrale;
mi ci voleva.
Grazie.

40

Ebbene sì, sto per compiere 40 anni, è tutto così strano, fino a poco tempo fa ero scorbutico, nervoso, senza particolari interessi… Ora invece vedo tutto in maniera diversa. Continua l’entusiasmo descritto nel post precedente. Non ho molto altro da dire ora. 🙂

Entusiasmo

Entusiasmo, è questa la parola che descrive me stesso da un po’ di tempo a questa parte. C’è fermento, c’è movimento, ci sono novità, ho ripreso coraggio e il lavoro ne risente positivamente. Sorrido, sono più paziente, mi arrabbio di meno… Mi ci voleva proprio!

Mi rendo conto che sia più difficile scrivere in queste situazioni ma è bello quando la gente si fa avanti per conoscerti, che chiede la possibilità di parlare, di aprirsi a collaborazioni.

Ecco perché non sto scrivendo molto in questo periodo.

Corona Virus

Manco da tempo da questo spazio, scrivevo che avevo voglia di normalità. Nel frattempo un lutto e varie peripezie lavorative e personali che mi portano diritto diritto in un momento di fermo totale durante ciò che credevo non avrei mai visto in vita mia. Una pandemia.

Proprio la normalità a cui aspiravo e a cui anelavo.

Decisamente il sommo fattore (tanto perché sono in vena di citazioni colte) ha il senso dell’ironia. Non abbiamo una pandemia che dia sintomi eclatanti e preoccupanti, o strani, immediatamente riconducibili a qualcosa di spaventoso. No, abbiamo una pandemia che porta sintomi influenzali, proprio nel periodo di massima diffusione della stessa influenza.

Domani sarà completato lo shutdown del paese. Ormai ci riempiamo la bocca con termini stranieri. Tutto si ferma domani, tranne i servizi essenziali.

Martedì ho fatto un intervento da un cliente, un controller RAID di un server che era guasto e che era arrivato venerdì pomeriggio. domenica sera annunciate le misure di mobilità ridotta, istituite le zone rosse, martedì sono andato a sostituirlo per due motivi. Il cliente ha circa 30 persone in telelavoro che dipendono da un gruppo di server uno dei quali quel controller avrebbe ripristinato lo stato di salute, e perché (siccome Murphy non perdona) non avrei mai voluto uscire di casa in un momento peggiore dovendo magari ottenere permessi particolari in una situazione causata dall’aver trascurato un componente del genere.

Domani esco di nuovo, devo andare a comperare generi alimentari. La mia famiglia dipende da me. E’ tutto così strano, è surreale. Il silenzio.

Il silenzio domina Milano, incredibile.

O mi bela Madunina

sota a ti se viv la vita, se sta mai coi man in man

Nella mia vita ho viaggiato un po’ e difficilmente ho incontrato una città tutto sommato piccola, più rumorosa di Milano. Ma ciò che è buffo è che, con il rimescolamento delle culture e con il fatto che da tutta Italia vengono a vivere a Milano per motivi tanto di studio quanto di lavoro, il rumore è sia di gente che lavora quanto di gente che si intrattiene per strada. Ora regna il silenzio.

Potevamo fare qualcosa di più? Non lo so. Certo è che mi sento di non aver violato alcuna restrizione, obbligo o limitazione ma fino al giorno 8 marzo ho girato la città per diversi motivi, non in ultimo quello della passione per la fotografia. L’occasione unica di immortalare Milano vuota, deserta. Mi sono concesso un punto di ripresa per il quale ero in piedi in mezzo alla strada. Impensabile.

Ho preso sottogamba la questione? Non credo. Purtroppo l’intento di tranquillizzare la popolazione, su una persona poco paurosa come me ha ottenuto l’effetto di una, forse, falsa sensazione di sicurezza che mi ha portato comunque a vedere gente e visitare posti della città.

Fortunatamente sono una persona che ha sempre rifuggito la folla, gli spazi affollati e la troppa concentrazione di umanità, quindi non sono stato comunque a contatto con troppe persone. Però la sensazione che mi porta questo flusso di pensieri è forte.

La consapevolezza che qualcosa non tornava in tutto quanto era successo prima mi è arrivata domenica, di colpo. Come un fulmine a ciel sereno.

Ora devo solamente cercare di non perdere tempo e di “ricaricare le batterie” per prepararmi ad affrontare quello che sarà finito questo periodo.

Per la prima volta nella vita mi trovo ad affrontare qualcosa che porta a vacillare il mio ottimismo.

Chi vivrà vedrà.

High Hopes

Ero convinto di avere già scritto un post con lo stesso titolo, ho dovuto cercare conferma, non è successo. Probabilmente ho cambiato idea prima di pubblicare.

Nei momenti di cambiamento mi passa per la testa sempre questa canzone dei Pink Floyd che secondo me, musicalmente, esprime un tema di incertezza, misto tra il cupo e la speranza in un equilibrio veramente gradevole, nonostante il testo non si sposi perfettamente con i miei sentimenti. La sento parte di me. Parla in ogni caso della difficoltà di realizzarsi.

E alla fine mi rendo conto che a me le sfide piacciono, che la tensione è enorme e che sto cercando di fare tutto in modo da riuscire a costruire il mio futuro. Giorno per giorno, senza fermarmi mai.

L’ultimo pensiero mi ha sorpreso mentre lo scrivevo.

Homo Homini Lupus

Lo dicevano i latini ma è ancora tremendamente vero. Purtroppo tendiamo a dimenticarci della saggezza antica per sbatterci costantemente contro in epoca moderna.

In questo periodo però tende ad essere una “guerra fra poveri” dove ci troviamo tutti invischiati prima o poi. Tutto questo però è molto triste.

Tuttavia è sempre possibile cercare un motivo per sorridere ed essere gentili tutti i giorni, anche se è difficile, almeno per me lo è tremendamente. Ci riuscirò?