Ritorno al passato

Passare qualche giorno dai genitori dopo 15 anni che vivi via di casa, abitudini, consuetudini mutate che riconosci come erano e come sono diventate. I ricordi che invadono ogni angolo, ogni stanza, gesti ripetuti mille volte da tuo padre e che ora aiuti a compiere. Le preoccupazioni di tua madre sempre identiche, sempre diverse e ora un po’ più affannose.

Raccontare a tuo padre di cose che non sospetta nemmeno siano state importanti e che ancora ricordi a distanza di 30 anni, sentire il tono della voce che cambia nel chiederti:”Ah, sì?” con una commozione che forse un giorno proverò anche io.

Portare tua madre a fare la spesa per aiutarla e dirle:”Ti rendi conto che sono 15 anni che non ti accompagno a far la spesa?” E pensare a quante volte ti sei arrabbiato e a quante ti arrabbierai ancora è una cosa che ti strazia. Perché ci si arrabbia così tanto con chi ci sta così vicino?

Ormai questa esperienza volge al termine e mi ha lasciato una maggior consapevolezza di quello che è, che non è più e che purtroppo prima o poi non sarà più. Non devo più arrabbiarmi con loro. Ci riuscirò?

Sempre di corsa

Ci sono momenti in cui siamo sempre di corsa. Questo stile di vita ci logora e  ci porta a storpiature percettive che derivano da un modo di subire gli impegni, un modo di essere succubi di quello che è il tempo e di non essere in grado di gestirlo ma in qualche modo veniamo noi gestiti dal tempo tiranno.

Le storpiature arrivano fino al punto di coprire mentalmente di insulti chi ci precede perché sta andando troppo piano al telepass. Ah, no sta solo rispettando il limite.

Sulla strada

Non sono mai stato un divoratore di libri, e non sono uno di quelli che si vantano di non leggere. Leggere un buon libro è un piacere ma da qualche anno a questa parte è anche un lusso che mi è difficile concedermi.

“Sulla strada” di Jack Kerouac è l’unico libro che non sono riuscito a leggere fino in fondo per l’angoscia che mi trasmetteva. Eppure… Eppure forse è arrivato il momento di dargli una seconda chance. Perché la vita insegna, perché la vita è strana… Perché alla fine io, volente o nolente, sono spesso sulla strada.

In realtà non vado da nessuna parte, ma su base annuale mi faccio circa 60.000 km solo in lombardia per spostamenti di lavoro e quasi tutti concentrati tra Milano e Varese.

Cosa c’entra? In 18 anni di patente, ho accumulato più di 400.000 km alle mie spalle guidando in autonomia. Ciò equivale ad essere arrivato sulla Luna ed essere tornato indietro. Tolti i puri spostamenti ci sono state anche vacanze, gite di piacere e uscite a zonzo, senza una meta precisa.

Sì perché guidare mi rilassa, specialmente quando riesco ad avere la sensazione di essere “sulla strada” e non “per strada”. Stamattina, complice una levataccia non del tutto voluta, uno di quelli che sono puri spostamenti, si è tramutato in un viaggio, in un’esperienza piacevole a contatto con la strada. Mi è difficile spiegarlo ma a volte è come se la strada fosse un’entità che ti trasporta, accompagnandoti nel suo viaggio e non solo un puro mezzo che calchi su un mezzo meccanico che ti porta a destinazione. In un viaggio sulla strada non sei trasportato, ma sei tu che porti a destinazione il mezzo, tu sei in contatto con l’asfalto e ogni movimento è in sintonia con il tuo essere. Scaricare a terra la potenza che eroga il motore diventa un piacere che dosi a seconda delle sensazioni che tornano indietro dalla stessa strada. Bene, ci voleva di svegliarsi alle 4:00 per assaporare un piacere che mi mancava da un po’. Ovviamente meno traffico c’è e meglio è.

Chissà se con tutta l’evoluzione tecnologica che le automobili stanno introducendo, questa sensazione sia destinata a svanire o meno. C’è da dire che stamattina il mezzo che avevo aveva un anno in meno della mia patente.

Dopo che ho scoperto queste sensazioni di cui parla appunto il romanzo di Jack Kerouac, direi che è arrivato il momento di concedergli una seconda chance.