Senza alcun interesse

Come sempre la vita ci sorprende e in un momento in cui si vede tutto brutto capitano incontri che ti sorprendono.

Certo gli incontri vanno e vengono, ci sono persone che magari non vedremo più ma che comunque un segno, grande o piccolo che sia, riescono a lasciarcelo.

Venerdì, dopo una giornata pesantissima, che rispecchia appieno il periodo professionale che sto vivendo, mi muovo per andare a incontrare (come abbiamo fatto tante volte) mia moglie a una stazione di servizio a cui arriva la metropolitana, per essere già in autostrada in un giorno di esodo. In questo modo siamo circa mezz’ora in anticipo sul viaggio piuttosto che trovarci a casa.

Arrivato al posteggio mi accorgo che devo spedire una mail importante all’avvocato della mia azienda e recupero il computer dal bagagliaio. Sorrido a una ragazza che mi guarda, vengo salutato e ricambio. Assorbito dal mio compito risalgo in macchina e faccio quello che devo fare, spegno il computer e lo ripongo nello zaino. Mi alzo, scendo dalla macchina e vado per riporre tutto nel bagagliaio.

A questo punto, visto che la persona ancora mi sorride guardandomi, mi domando e chiedo se fossi così svanito da non riconoscerla oppure se semplicemente era una gentilezza di quelle a cui non siamo più abituati.

La persona mi confida di avermi scambiato per un suo amico e pertanto mi ha salutato.

Visto che la zona non è delle più belle (motivo per cui arrivo in anticipo su mia moglie, decido di fare due chiacchiere con una perfetta sconosciuta. Abbiamo parlato di lavoro e quel tanto che basta di cosa facciamo in quel posto che si trascina dietro per forza qualche dettaglio personale. Il tempo passa in fretta tra uno scambio di biglietti da visita e una risata e parto in macchina con mia moglie dopo le dovute presentazioni.

Qualche giorno dopo mi arriva un messaggio via whatsapp nel quale, tra le tante cose c’è scritto “ci vuole sensibilità e credimi, non è da tutti stare vicino ad una perfetta sconosciuta in un’area di servizio, senza alcun interesse

Senza alcun interesse. Ecco, mi fa piacere che qualcuno nei miei confronti abbia notato tra tutto quello che c’è da notare che io non avessi secondi fini nel fare quello che per i nostri genitori (forse non tutti) e per i nostri nonni era la pura normalità.

Di per sé non so se ci saranno svolte lavorative da questo incontro, ma ultimamente devo sforzarmi di notare quando incontro persone a modo, perché altrimenti sarei sicuramente più triste e arrabbiato con tutti.

Il bisogno di scrivere

A volte lo scrivere è un bisogno che si fa sentire all’improvviso e ti assale senza che tu possa fare nulla per evitarlo. Scrivere aiuta a riordinare le idee che sono per loro natura caotiche in quanto si impone un cambio di mezzo che è ordinato per sua natura.

Il pensiero non ha regole, un linguaggio naturale, per quanto vivo e pieno di eccezioni e inflessioni dialettali come l’Italiano, ha delle regole da rispettare, quindi tradurre i pensieri in scritto è un’attività che aiuta a fare ordine mentale.

Oggi ho proprio bisogno di scrivere, tanti cambiamenti, un modo di vivere che mi sta stretto, ragionamenti (non miei ma che lavorativamente vengono imposti dai clienti) che non portano a nulla di buono.

Paghi la disorganizzazione altrui con richieste che sono sempre urgenti, clienti che non sono in grado di capire quello che comprano e dicono che non è stato consegnato, gente che semplicemente non vuole pagare, tutte cose che ti tolgono la gioia di lavorare.

Quando in un viaggio di poco meno di 400 km senti a rischio la tua incolumità troppe volte, troppe volte, e non hai più voglia di arrabbiarti…

Nella mia scelta di privarmi di un social network come Facebook, ho imparato a comunicare con le immagini, Instagram mi sta dando soddisfazioni. Sono riuscito a costruire una cerchia di persone che sanno leggere un pochino oltre una foto con toni brillanti e colori accattivanti, persone che sanno trovare il bello in una foto volutamente sfuocata, una foto scura e sgranata ma che abbia un significato. Ma scrivere mi manca, molto. Quindi arrivo qui per sfogarmi in un flusso di coscienza che sembra non abbia capo né coda.

La felicità a tutti i costi

Ieri sono stato colpito dalla considerazione fatta da una persona sul fatto che “gli altri” sono dei “vortici famelici” completamente incentrati sulla felicità a tutti i costi.

La cosa curiosa di tutto questo è che la frase è racchiusa in un pensiero più ampio condiviso su instagram, social su cui si comunica prevalentemente con le immagini. Idealmente le immagini dovrebbero parlare da sole. La cosa buffa di questo social è che spesso le persone danno peso solamente alle immagini e per un tempo inferiore ai 3 secondi, totalmente insufficiente per valutare in maniera adeguata una qualsiasi fotografia, ma solo per coglierne una sensazione superficiale adeguata solamente a mettere “mi piace”. Motivo per cui se posti un quadrato nero, con qualche hashtag, una decina di “mi piace” li becchi lo stesso. La cosa buffa di quanto appena descritto è che, leggendo sempre le didascalie, scopro queste perle che mi portano a scrivere le mie riflessioni.

Di primo acchito la mia mente è stata riportata a questo episodio che c’entra in parte con quanto ho capito intendere l’autrice della perla di cui sopra.

Sostanzialmente è quello che vivo tutti i giorni in una grande città del nord Italia, la gente che fa di tutto per apparire felice, per divertirsi a tutti i costi quando in realtà il divertimento, nel senso più stretto del termine, deriva dal latino, come riporta Treccani,

divertire (ant. divèrtere) v. tr. [dal lat. divertĕre, propr. «volgere altrove», comp. di di(s)-1 e vertĕre «volgere»]

ha il  suo significato più profondo nel volgersi altrove, ossia nel fare qualcosa di diverso dal solito. Il mondo moderno, poi, ha modificato questo significato aggiungendo una connotazione di “intrattenimento” attivo o passivo a questa attività. Se si corre tutta la settimana con mille impegni, il divertimento può anche semplicemente essere il distendersi sul divano a guardare un film. Può essere semplicemente andare a prendersi un caffè in centro e sedersi a un tavolino a guardare passare la gente. Può essere qualsiasi cosa.

Tornando a quanto dicevo di ciò che vedo sempre nella vita quotidiana di una grande città è che il divertimento deve essere omologato, assolutamente se no non ti diverti, ed è “a tutti i costi”. Cosa vuol dire? Vuol dire che se non vai all’ultimo evento mondano sponsorizzato, che se non vai a farti tirare secchiate di colore mentre corri nell’afa milanese, che se non vai ad ammassarti al salone del mobile, che se non passi metà della tua vita in fila al padiglione del Giappone, se non ti ubriachi marcio quando esci con gli amici, che se… In sostanza il divertimento diventa un impegno e sicuramente genera altro stress.

Io mi tengo il mio divano, voi fate quel che volete.