Fede

La pandemia mi ha cambiato. E chi non è stato cambiato dalla pandemia?

La mia componente spirituale si è distaccata dalle prescrizioni che mi portavano ad andare alla messa la domenica, consapevole di ciò che stessi facendo, ma in maniera già stanca da diverso tempo.

Ho perso la fede? Non credo proprio e credo sia difficile da spiegare ciò che mi sta capitando anche perché non è del tutto chiaro nemmeno a me.

Ieri ho avuto un’esperienza che mi ha messo un po’ a disagio e mi ha confermato che non ho perso la fede bensì sto attraversando un momento di crisi che attualmente non so dove mi porterà.

Sono stato a fare un gita, trovandomi in vacanza, a un monastero francescando, uno di quelli particolarmente importanti per i devoti del santo. Avevo già visitato tra il 2009 e il 2011 (non ricordo di preciso l’anno) lo stesso posto e, complice il diverso periodo dell’anno, sono stato travolto da questa sensazione di disagio nei confronti di tutto ciò che gira attorno alla fede.

Ho visto, da imprenditore non è difficile, subito la macchina da soldi in moto. Non ho mai biasimato questo lato di trarre profitto dal turismo, fino a che non diventa qualcosa di insostenibile. Il pranzo a 13€ gestito alla guisa di una mensa va benissimo, anche i frati di qualcosa debbono campare. Non mancano i prodotti del territorio, i prodotti del lavoro dei frati e tutto ciò serve a mantenere in efficienza un luogo unico, molto bello, dove sicuramente le persone si recano per i più disparati motivi.

Un po’ mi hanno sempre fatto storcere il naso i devoti a San Francesco, mi sono sempre domandato come fosse possibile avere sempre un sorriso, un sorriso che mi è sempre sembrato forzato o comunque una “maschera” davanti a ciò che la vita ci infligge costantemente, perché nessuno è immune ai colpi che ci sferra la vita. Preferisco di gran lunga avere a che fare con una persona il cui umore è altalenante ma che quando sorride, lo fa sul serio. Poi magari sono solo io che non ho mai capito a fondo la loro filosofia di fondo.

Diciamo che viste le premesse non ero nell’ambiente ideale per capire quanto potessi essermi allontanato dalla mia fede.

Ho scoperto che la mia fede c’è. Forse più consapevole di prima, ma è come in pausa. O meglio, sono in pausa le esternazioni e la partecipazione ai sacramenti. Questa è una scelta consapevole perché in un momento di crisi, un momento in cui non mi è chiaro in che direzione sto andando, non riesco a essere coerente con un messaggio molto importante e molto profondo, pertanto non riesco a partecipare attivamente a questa vita.

In ultimo ieri ho visto molta gente. Molta gente che ha raggiunto il luogo come se fosse un’attrazione turistica qualsiasi. Molta gente che non si cura minimamente che i bambini (magari viaggiano con 6-7 figli) scorrazzino liberamente in luoghi di preghiera non provando minimamente a contenere l’esuberanza dei più piccoli in situazioni dove ci sono altri che magari (e non sto parlando di me) stanno cercando un raccoglimento per pregare.

Devo provare a tornare fuori stagione turistica, a cercare di capire quali emozioni si scateneranno in un momento in cui riesco a fare silenzio dentro e fuori di me.

Già aver visto che qualcosa si è mosso dentro, in una maniera che non riesco a capire, è già un segnale che mi indica che non tutto è perduto e che devo fare ancora della strada per capire come si è evoluto questo mio lato.

Una cosa per me è diventata certa. Dio è ovunque, questi luoghi servono agli uomini ma non lo rendono più vicino. La religione dovrebbe indirizzarci semplicemente a cogliere questa presenza che è sia trascendente che immanente nell’esistenza di chi crede ma queste linee guida sono sia precise che non precise allo stesso modo. In ultimo la religione non deve essere una barriera, una gabbia nella quale rinchiuderci. Paradossalmente sento molto di più il peso etico delle mie scelte ora che sono in crisi che prima quando non lo ero.

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