Quasi un parto, è quanto è passato dall’ultima volta in cui mi sono ritagliato del tempo per scrivere.
Scrivere è un’attività che mi fa bene, mi aiuta a rimettere in ordine le idee, mi fa fare il punto della situazione, mi aiuta a capire se tutto sta andando per il verso giusto oppure no.
Quest’anno è stato strano, è capitato a tutti di dover gestire qualcosa che nell’immaginario di ciascuno sicuramente ha dell’inaspettato. Una pandemia. Sì perché con tutti i progressi tecnologici e medici, l’uomo che è entrato a gamba tesa nel ventunesimo secolo, l’umo che riprende l’esplorazione dello spazio, l’uomo che può fare quasi tutto, è messo in ginocchio da un virus. La cosa più buffa è che ci ha messo di fronte al fatto che le misure igieniche di base non sono seguite correttamente tutti i giorni da tutti.
A essere sincero la pandemia mi ha spaventato, mi sono reso conto che è più difficile di quanto sembri ammalarsi ma, nel contempo, purtroppo, dipende molto anche da come si comporta la gente. La stessa gente che non ha il più piccolo barlume di empatia e che è pronta a fare stragi piuttosto di rispettare delle regole semplici. Oppure la gente che maneggia con scarso successo i tempi verbali, confonde S e Z quando scrive, commette scempi grammaticali, ma che comunque è in grado, con assoluta certezza, di insultarti perché non vedi il chiaro disegno dei poteri forti, di bindemberg, o come cavolo si scrive, del nuovo ordine mondiale, e che manifesta, assembrandosi, contro l’utilizzo della mascherina chirurgica che, si sa, ci fa respirare la nostra stessa anidride carbonica per limitare le nostre facoltà mentali e manipolarci meglio. Mi verrebbe da tranquillizzare tutti, che nel loro caso non c’è bisogno di limitare le facoltà mentali.
Sono preoccupato, sì sono preoccupato per la mia famiglia, per i NO che tocca dire a persone che non sentono il pericolo come lo sentiamo noi, a attuare dei compromessi per poter lavorare tranquillamente e per poter vivere una vita senza preoccupazioni in uno dei momenti più critici che la storia dell’uomo moderno abbia mai incontrato.
Siamo a 1 milione e 700 mila morti nel momento in cui sto scrivendo, e abbiamo la consapevolezza di quello che succede a limitare le interazioni umane, dal punto di vista economico e sicuramente abbiamo la consapevolezza di quello che succede a non limitarle, dal punto di vista della salute. Questa pandemia è arrivata in un periodo di recessione globale, in un momento in cui la globalizzazione ha dimostrato che è difficile limitare tutti gli spostamenti, tutte le interazioni umane e che alla fine, dipendiamo tantissimo dagli stessi paesi che biasimiamo di solito proprio a causa della globalizzazione. D’altro canto sembra che basti il non rispetto delle norme sanitarie in un paese remoto della Cina per avere conseguenze nefaste fino a casa nostra.
Spero che questo Natale e questo nuovo anno porteranno un po’ di normalità, magari condita con un pochino meno contatto umano immotivato visto che, in fondo, io ci sto bene con gli estranei a 1 m di distanza. Forse l’unica cosa buona che ha portato questa pandemia.
Tanti auguri a chiunque passerà da questo spazio e avrà avuto la pazienza di leggere fino in fondo.