Manco da tempo da questo spazio, scrivevo che avevo voglia di normalità. Nel frattempo un lutto e varie peripezie lavorative e personali che mi portano diritto diritto in un momento di fermo totale durante ciò che credevo non avrei mai visto in vita mia. Una pandemia.
Proprio la normalità a cui aspiravo e a cui anelavo.
Decisamente il sommo fattore (tanto perché sono in vena di citazioni colte) ha il senso dell’ironia. Non abbiamo una pandemia che dia sintomi eclatanti e preoccupanti, o strani, immediatamente riconducibili a qualcosa di spaventoso. No, abbiamo una pandemia che porta sintomi influenzali, proprio nel periodo di massima diffusione della stessa influenza.
Domani sarà completato lo shutdown del paese. Ormai ci riempiamo la bocca con termini stranieri. Tutto si ferma domani, tranne i servizi essenziali.
Martedì ho fatto un intervento da un cliente, un controller RAID di un server che era guasto e che era arrivato venerdì pomeriggio. domenica sera annunciate le misure di mobilità ridotta, istituite le zone rosse, martedì sono andato a sostituirlo per due motivi. Il cliente ha circa 30 persone in telelavoro che dipendono da un gruppo di server uno dei quali quel controller avrebbe ripristinato lo stato di salute, e perché (siccome Murphy non perdona) non avrei mai voluto uscire di casa in un momento peggiore dovendo magari ottenere permessi particolari in una situazione causata dall’aver trascurato un componente del genere.
Domani esco di nuovo, devo andare a comperare generi alimentari. La mia famiglia dipende da me. E’ tutto così strano, è surreale. Il silenzio.
Il silenzio domina Milano, incredibile.
O mi bela Madunina
sota a ti se viv la vita, se sta mai coi man in man
Nella mia vita ho viaggiato un po’ e difficilmente ho incontrato una città tutto sommato piccola, più rumorosa di Milano. Ma ciò che è buffo è che, con il rimescolamento delle culture e con il fatto che da tutta Italia vengono a vivere a Milano per motivi tanto di studio quanto di lavoro, il rumore è sia di gente che lavora quanto di gente che si intrattiene per strada. Ora regna il silenzio.
Potevamo fare qualcosa di più? Non lo so. Certo è che mi sento di non aver violato alcuna restrizione, obbligo o limitazione ma fino al giorno 8 marzo ho girato la città per diversi motivi, non in ultimo quello della passione per la fotografia. L’occasione unica di immortalare Milano vuota, deserta. Mi sono concesso un punto di ripresa per il quale ero in piedi in mezzo alla strada. Impensabile.
Ho preso sottogamba la questione? Non credo. Purtroppo l’intento di tranquillizzare la popolazione, su una persona poco paurosa come me ha ottenuto l’effetto di una, forse, falsa sensazione di sicurezza che mi ha portato comunque a vedere gente e visitare posti della città.
Fortunatamente sono una persona che ha sempre rifuggito la folla, gli spazi affollati e la troppa concentrazione di umanità, quindi non sono stato comunque a contatto con troppe persone. Però la sensazione che mi porta questo flusso di pensieri è forte.
La consapevolezza che qualcosa non tornava in tutto quanto era successo prima mi è arrivata domenica, di colpo. Come un fulmine a ciel sereno.
Ora devo solamente cercare di non perdere tempo e di “ricaricare le batterie” per prepararmi ad affrontare quello che sarà finito questo periodo.
Per la prima volta nella vita mi trovo ad affrontare qualcosa che porta a vacillare il mio ottimismo.
Chi vivrà vedrà.