Estero

Ogni volta che mi capita viaggiare, quando torno a casa, se sono stato all’estero, mi viene da piangere.

Perché? E’ molto semplice, purtroppo negli ultimi 10 anni vedo all’estero come mi ricordo il mio paese prima che il lento declino di costumi e di pensiero dell’italica gente ci portasse a un periodo in cui, tanto più siamo stipati in zone densamente popolate, tanto più ci viene da comportarci (sì perché nessuno è esente, siamo portati a  fare lo stesso per sopravvivenza) come se fossimo in guerra costante l’uno contro l’altro.

Onestamente non riesco a capire da dove sia partito questo tipo di comportamento e come si possa riuscire ad arginarlo in quanto provare a comportarsi come si dovrebbe ha l’unico effetto di patire di più perché viene percepito come un segnale di debolezza.

Non voglio fare un discorso alla “Checco Zalone” quando in uno dei suoi film scimmiotta l’italiano medio all’estero passando il suo tempo a dire:”Quanta civiltà, che bello!” ma purtroppo posso anche capire chi fa di questi discorsi.

Dopo 5 giorni a Madrid di sorrisi e gente tranquilla in situazioni in cui avrei visto nervosismo e gente che perde il controllo, mi è stato particolarmente difficile tornare alla realtà.

Doveri sociali

  1. Imparare più in fretta degli altri bambini tutto
  2. Eccellere nello studio, sport, ecc.
  3. Diplomarsi
  4. Laurearsi a un’università prestigiosa
  5. Trovare un lavoro bello, appagante, ben remunerato
  6. Sposarsi (con un matrimonio degno di ogni trasmissione di wedding planner / master chef / pasticcere perché se no non va bene)
  7. Essere bravi mariti / mogli amorevoli
  8. Fare figli (più d’uno per carità)
  9. Essere bravi padri o brave madri
  10. Farsi piacere tutto quanto

Sembra molto il monologo iniziale di Trainspotting, film sicuramente pesante ma iconico di un certo periodo e di gente che non riesce (o non vuole) trovare un posto in questo sistema.

Cosa succede? Succede che il sistema è scoppiato, ci troviamo in un periodo storico in cui questa catena inizia a incagliarsi già al punto 4, se riesci a completarlo il punto 5 non è scontato, e poi dove trovi i soldi per il punto 6? E scherziamo? ma sai quanto costa un figlio, no no no…

Tutto questo si collega a due post già scritti, uno sulla competizione e uno sulla vita che a volte si presenta come vasca nella quale devi imparare a nuotare buttandoti.

Il problema grandissimo è che in questa vita pressante e continuamente sotto esame è venuto a mancare un presupposto che è il fondamento della nostra società moderna, e anche del nostro paese, visto che la costituzione stessa dice che

L’italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.

Ora, se le condizioni sociali portano a venire meno questo fondamento, cosa succede?

Succede che tutti questi valori non sono più realizzabili in fretta.

Ma in fin dei conti, è così importante tutto questo? Dobbiamo veramente accontentare le mire che hanno gli altri sul nostro conto? Lo dobbiamo a noi stessi? Il nostro futuro deve essere una lista da spuntare?

La vita è bella ma rovinarsela inseguendo obiettivi non auto imposti è un attimo, e soprattutto non deve succedere, questo lo dobbiamo a noi stessi.

Alcuni punti sono necessari, un po’ di competizione, se sana e non sfocia nell’invidia, ci rende migliori ma bisogna stare attenti in tutto alla misura e soprattutto considerare che ogni individuo è a se stante e che ognuno ha i suoi tempi e non tutti siamo portati a compiere tutto quello che ci aspettiamo da noi stessi. Andare contro la propria natura porta inevitabilmente all’infelicità.

Concludendo, non ho una risposta se non quanto appena scritto e che bisogna, alle volte prenderci meno sul serio per vivere meglio.

La competizione

Non ho mai capito il perché siamo finiti a fare a gara tra tutti e con tutto, con qualsiasi cosa anche non dipenda dal nostro merito. Un piccolo esempio:”Come ti trovi con la tua macchina?” “Non mi posso lamentare, 10 anni e 220.000 km senza problemi” “La mia va più veloce!” -_-‘

Ormai sono rare le discussioni in cui non si finisce a una gara su ciò che fai di meglio dell’interlocutore. E il problema è che si riflette su tutto, tutto quanto. Il figlio che cammina prima, il partito politico, il cellulare, qualsiasi cosa anche insignificante.

Siamo veramente in un’epoca così vuota? Siamo così traviati dai social da non essere in grado di mettere insieme due ragionamenti in croce per una discussione logica e costruttiva?

Le vie del Signore sono infinite

Beh, il titolo potrebbe ingannare ma non vuole essere un post a connotazione religiosa, anzi.

Raramente mi metto a tirare le somme dell’anno passato e sicuramente non mi metto a farlo a caldo mentre alcuni eventi, che potrebbero coprire parte dell’anno successivo, non sono ancora sedimentati.

Il 2017 è stato un anno importantissimo, per me è partito il 5 dicembre 2016, ma alcune notizie hanno anticipato l’annuncio del suo arrivo anche prima.

Mi sono trovato con amici in meno e con amici in più, lotte lavorative, spauracchi di tribunali per aver fatto valere le proprie ragioni su un contratto firmato da ambo le parti, gente che si è offesa solo perché non regali il tuo tempo lavorativo, gente invece che si è avvicinata molto a me, sia professionalmente che personalmente.

Si è concausa un’amicizia per  certi versi molto importante (ma quale amicizia non è importante), ma che stava diventando soffocante, e d’altro canto, c’è stata un’evoluzione in meglio del rapporto con i miei genitori. All’alba dei miei 36 anni e dei loro 70 + o -, c’è stata un’evoluzione da un rapporto sempre amorevole ma spesso conflittuale.

A breve accompagnerò mio padre, lui che non ha chiesto quasi mai niente, in una camminata che sente molto e che sono contento che lui abbia deciso di condividere con me.

Il 2017 è stato l’anno in cui mi ha mostrato che è vero che assomiglio molto caratterialmente a mia madre, ma che ho preso tantissimo anche da mio padre, e questo si vede molto in ambito lavorativo.

Ogni evento potenzialmente brutto di questo 2017 mi ha portato a fare nuove conoscenze, a vedere il mondo in maniera diversa e ad avere una maggior consapevolezza di me stesso. Che sia l’anno della maturità? Questo non posso ancora saperlo, penso che dovrò aspettare ancora molto per averne un’idea perché i fatti devono sedimentarsi e devo ancora ricomporre alcuni cocci di situazioni molto importanti che non possono non essere aggiustate.

E’ stato buffo sentirmi addosso questo detto che, più che di tipo religioso vedo come un detto di grande saggezza popolare, sorto in un contesto dove tutti sono sempre stati educati alla religione e morale cristiana.

E’ la seconda volta che mi capita nella mia vita e la mia resilienza mi ha portato a uscire con un sorriso da un anno che avrebbe potuto lasciarmi prostrato a terra a piangermi addosso nonostante sia successa una cosa meravigliosa nella mia vita. E’ stata dura, è stato un anno duro, ma come disse la persona più importante fuori dalla mia famiglia:”Mattia, tu hai l’atteggiamento di un crociato, ma ti manca l’armatura, fino a che non ti sarai fatto l’armatura, soffrirai molto.” Che avesse proprio ragione lui?

But I still Haven’t found…

…what I’m looking for…

Così canta la canzone degli U2. E mi rimarrà sempre impressa. Sono passati 16 anni dal capodanno 2002, passato a Vienna con amici, 21 anni di età, nel pieno degli studi universitari iniziavo ad affacciarmi all’età adulta vera e propria.

Un uomo, una decina d’anni in più di me, forse difficile dare un’età precisa a chi vive per strada, mi ferma in metropolitana e mi chiede in tedesco qualcosa che capisco essere una richiesta di soldi per mangiare. Tutta una serie di esperienze in tal senso mi hanno fatto arrivare alla decisione pregressa di fare esclusivamente beneficenza a organizzazioni che aiutano questa gente e non direttamente, quindi nego.

Durante la giornata si visita la città, usciamo, concerto di mezzanotte, e si inizia a girare aspettando la mezzanotte. La mezzanotte arriva e viene festeggiata con un bel litigio iniziato dalla mia ragazza dell’epoca. Mi ricordo le lacrime, il freddo e il palchetto con un complessino che suonava la canzone degli U2. Nella piazza, io che smetto di inseguire la mia ex, e incontro lo stesso uomo dell’elemosina che sta bevendo alla bottiglia di cocacola da 2 litri, e si stacca solo per cantare (ubriaco) il ritornello con una partecipazione incredibile. Cappello di pile di quelli con la testa di animale (non ricordo bene quale) tutto storto sulla testa e un sorriso che posso contare poche volte di aver avuto in vita mia.

Quando succedono queste cose penso sia un segnale che mi vuole essere comunicato. In questo caso era di prendere la vita più semplicemente. Tutt’ora mi chiedo se quell’uomo abbia trovato la sua strada, io ho trovato la mia, ma quel sorriso, beh… Non ce l’ho spesso.

Ritorno al passato

Passare qualche giorno dai genitori dopo 15 anni che vivi via di casa, abitudini, consuetudini mutate che riconosci come erano e come sono diventate. I ricordi che invadono ogni angolo, ogni stanza, gesti ripetuti mille volte da tuo padre e che ora aiuti a compiere. Le preoccupazioni di tua madre sempre identiche, sempre diverse e ora un po’ più affannose.

Raccontare a tuo padre di cose che non sospetta nemmeno siano state importanti e che ancora ricordi a distanza di 30 anni, sentire il tono della voce che cambia nel chiederti:”Ah, sì?” con una commozione che forse un giorno proverò anche io.

Portare tua madre a fare la spesa per aiutarla e dirle:”Ti rendi conto che sono 15 anni che non ti accompagno a far la spesa?” E pensare a quante volte ti sei arrabbiato e a quante ti arrabbierai ancora è una cosa che ti strazia. Perché ci si arrabbia così tanto con chi ci sta così vicino?

Ormai questa esperienza volge al termine e mi ha lasciato una maggior consapevolezza di quello che è, che non è più e che purtroppo prima o poi non sarà più. Non devo più arrabbiarmi con loro. Ci riuscirò?

Sempre di corsa

Ci sono momenti in cui siamo sempre di corsa. Questo stile di vita ci logora e  ci porta a storpiature percettive che derivano da un modo di subire gli impegni, un modo di essere succubi di quello che è il tempo e di non essere in grado di gestirlo ma in qualche modo veniamo noi gestiti dal tempo tiranno.

Le storpiature arrivano fino al punto di coprire mentalmente di insulti chi ci precede perché sta andando troppo piano al telepass. Ah, no sta solo rispettando il limite.

Sulla strada

Non sono mai stato un divoratore di libri, e non sono uno di quelli che si vantano di non leggere. Leggere un buon libro è un piacere ma da qualche anno a questa parte è anche un lusso che mi è difficile concedermi.

“Sulla strada” di Jack Kerouac è l’unico libro che non sono riuscito a leggere fino in fondo per l’angoscia che mi trasmetteva. Eppure… Eppure forse è arrivato il momento di dargli una seconda chance. Perché la vita insegna, perché la vita è strana… Perché alla fine io, volente o nolente, sono spesso sulla strada.

In realtà non vado da nessuna parte, ma su base annuale mi faccio circa 60.000 km solo in lombardia per spostamenti di lavoro e quasi tutti concentrati tra Milano e Varese.

Cosa c’entra? In 18 anni di patente, ho accumulato più di 400.000 km alle mie spalle guidando in autonomia. Ciò equivale ad essere arrivato sulla Luna ed essere tornato indietro. Tolti i puri spostamenti ci sono state anche vacanze, gite di piacere e uscite a zonzo, senza una meta precisa.

Sì perché guidare mi rilassa, specialmente quando riesco ad avere la sensazione di essere “sulla strada” e non “per strada”. Stamattina, complice una levataccia non del tutto voluta, uno di quelli che sono puri spostamenti, si è tramutato in un viaggio, in un’esperienza piacevole a contatto con la strada. Mi è difficile spiegarlo ma a volte è come se la strada fosse un’entità che ti trasporta, accompagnandoti nel suo viaggio e non solo un puro mezzo che calchi su un mezzo meccanico che ti porta a destinazione. In un viaggio sulla strada non sei trasportato, ma sei tu che porti a destinazione il mezzo, tu sei in contatto con l’asfalto e ogni movimento è in sintonia con il tuo essere. Scaricare a terra la potenza che eroga il motore diventa un piacere che dosi a seconda delle sensazioni che tornano indietro dalla stessa strada. Bene, ci voleva di svegliarsi alle 4:00 per assaporare un piacere che mi mancava da un po’. Ovviamente meno traffico c’è e meglio è.

Chissà se con tutta l’evoluzione tecnologica che le automobili stanno introducendo, questa sensazione sia destinata a svanire o meno. C’è da dire che stamattina il mezzo che avevo aveva un anno in meno della mia patente.

Dopo che ho scoperto queste sensazioni di cui parla appunto il romanzo di Jack Kerouac, direi che è arrivato il momento di concedergli una seconda chance.

Viva la gente

Viva la gente cantava un noto cantautore italiano, purtroppo è tempo che non la penso più tanto in questo modo. Salvo poi stupirmi molto per determinati avvenimenti che capitano nel modo più inaspettato.

E’ tanto che penso a cosa scrivere, si lega a un fatto successo il 10 dicembre scorso in una località di montagna in uno di quei ristoranti molto alla mano. Pranzo con tutta la famiglia per concludere la vacanzina appena trascorsa tutti insieme. Ristorante affollato con qualche persona locale che ha come abitudine, si vede, il pranzo della domenica. Molte famiglie con la stessa idea e molti bimbi piccoli.

Il mio sguardo si posa su una bimba di circa 1 anno, sorridente, pacifica e agitata come sono i bimbi a quell’età, desiderosa di attenzione, che stranamente guarda a un altro tavolo. A questo tavolo c’è una coppia sulla sessantina, la cui signora fa capire ai genitori della bimba che non parla, non può parlare ed interviene il marito spiegandolo a parole. I genitori capiscono che per questa signora è una cosa bella trovare le attenzioni di una bimba che continua a sorridere a qualsiasi smorfia facesse lei e fanno fare, anche quando si alza per darle una carezza, sotto lo sguardo inorridito di altri al tavolo. Ho sentito talmente tante volte discorsi analoghi che posso immaginarmeli:”Non si toccano i bambini degli altri!” “Non si fanno toccare i bambini!” “Chissà come sono sporche quelle mani, poi il bambino si ammala”

La signora continua a sembrare la persona più felice del mondo. Si muove in modo strano, a volte sembra avere le movenze e le espressioni di Cucciolo nel cartone Disney di Biancaneve e i sette nani. Continua a fare le feste alla bambina che, empatica come lo sono tutti, è felice di questa presenza passeggera. I genitori fanno fare.
La coppia si congeda, salvo poi tornare la signora, dopo qualche minuto con un lecca lecca in mano per la bambina.

Ok, sto sorridendo ancora adesso. Ogni tanto vedo scene che mi fanno tornare un briciolo di fiducia nel genere umano. Poi torno a Milano, riprendo a lavorare e tutto quanto torna come prima. Ma con il sorriso che di tanto in tanto torna quando la memoria riaffiora.

Anno nuovo

Si arriva al primo dell’anno e si tirano le somme, questo anno appena passato è stato quanto di più bello, complicato, stancante, entusiasmante e frustrante allo stesso tempo.

Arriva quel momento in cui tutti gli equilibri vengono meno e bisogna trovarne di nuovi.

Nuove decisioni, nuove considerazioni, tutto nuovo. Questo è l’anno senza facebook, l’avevo già scritto ma sono riuscito solo durante le ferie a recuperare tutte le informazioni che necessitavo e a fare la richiesta di eliminazione dell’account. Il 9 gennaio verrà cancellato. Alla fine è stata una scelta difficile, molto sentita e facilitata da un mio maggior coinvolgimento personale con amici e la constatazione che alla fine avvenimenti annunciati sul social network non erano stati recepiti, quindi, alla fine, non è che sia poi così vero che aiuta a tenere i rapporti con le persone lontane.

Quest’anno sarà ancora più impegnativo ma parte con una consapevolezza che l’anno scorso non avevo, con una programmazione rigorosa, con il mio dovermi adeguare a tenere a mente un calendario più lungo di quello a cui sono abituato ora. Sarà un altro anno di cambiamenti.

Lavorativamente ho chiuso un paio di situazioni che non portavano da nessuna parte, ho iniziato nuovi progetti e sento la necessità di riprendere a studiare per il mio lavoro.

Devo programmare anche il mio tempo libero perché non voglio rischiare di fare solo 4 uscite fotografiche di cui solo 2 con un soggetto ben chiaro in mente. Voglio riprendere in mano la chitarra.

Tutto questo sempre con la speranza che questo 2018 sia clemente con le mie aspettative.

L'alba di un anno nuovo
L’alba di un anno nuovo

Questa foto rappresenta il mio stato d’animo, risale al 6 gennaio 2017. L’alba di un nuovo anno su un monumento pressoché immutabile nella mia città, immutabile ma sempre in divenire, infatti la veneranda fabbrica del duomo non è mai chiusa. Così su di me, che per certi versi mi sento immutabile, questo 2018 getta una nuova luce.